(Alberto Folghereiter, da “Il vento sulla soglia. Viaggio tra cronaca e storia. Valle dei Laghi”, ed. Curcu & Genovese, 2008)
Nella Valle dei Laghi e nella Valle di Cavedine […] il vento ha portato vita e prosperità. Nelle prime ore del mattino, il Pelèr, vento fresco e leggero, soffia da nord verso sud; contribuisce a creare gli aromi e i profumi dei prodotti della campagna. L’Ora, che alla caduta del Pelèr, tra mezzogiorno e le tredici, comincia a spirare dal Garda verso nord, ha contribuito a mantenere nei millenni un clima mediterraneo. A far crescere il leccio e l’olivo, i limoni [alle Sarche c’era un’antica “limonèra”] e il rosmarino, ma soprattutto le viti che danno la grappa e il Vino Santo Trentino, biglietti da visita e moneta da spendere sul mercato della promozione e dell’immagine.
Il vento che carezza i tetti delle case, la maggior parte ancor rustiche benché finemente ristrutturate, ha portato nuovi inquilini, nuove idee, ventate di gioventù.
Da terra che dava braccia e ingegno all’emigrazione, la Valle dei Laghi è diventata, proprio nell’ultimo scorcio del XX secolo, paese ospitale: per immigrati e lavoratori.
Certo, il vento soffia e scivola via per poi tornare come le onde della risacca. Lambisce gli usci delle case anche se restano chiuse.
Entra prorompente dai balconi, là dove le finestre sono spalancate: alla primavera e alle trasformazioni.
Si insinua nella memoria degli anziani.
Soffia tra le croci ed i cenotafi dei cimiteri tra i campi.
È sullo spartito del vento che suona la musica dei ricordi e, talora, della nostalgia.
È sui refoli e sulle folate che si dispiegano le vele, dal Bondone al Dain, di quei temerari mai sazi di cielo. Prima di planare, sospinti dal vento, sulla soglia di una nuova avventura.
Comunque c’è, il vento.
Sempre e dovunque, almeno da queste parti.